Motivations

Era la primavera del 1997. Il 17 maggio, parto con un amico dal rifugio dei Grands Mulets per tentare la salita del Monte Bianco. Il tempo non è bellissimo, ma la meteo prevede schiarite in mattinata. Fidandomi delle previsioni e forte della mia esperienza, alle 2 del mattino decido di partire nonostante l’assenza di visibilità.

La salita è lunga e, nel mese di maggio, bisogna partire presto per sperare di trovare buone condizioni per la discesa… Fino alla base del pendio che conduce al Petit Plateau, la traccia del giorno precedente è ancora visibile… ma all’improvviso sparisce… e in quel momento ho un cattivo presentimento. Sono le 3,30 delle mattino, è buio: un vento che soffia violento solleva la neve davanti a noi, a stento riesco a vedere la punta dei miei sci nella luce livida della lampada frontale. Mi chiedo che cosa sto facendo lì… ma subito respingo l’idea di tornare indietro. «Su, andrà bene, non sei mica arrivato fin qui per fare dietrofront…». Ahimé!

Arrivati a 50 metri dal punto di cambio pendenza, scopriamo davanti a noi due cordate di due persone ciascuna.
Improvvisamente, un potente boato: veloce come un fulmine, la fessura nella neve mi passa sopra, la massa si mette in movimento e intorno a me tutto precipita… vengo trascinato via a tutta velocità, spinto verso il basso dalla valanga, ma trattenuto da dietro dalla corda che mi lega al mio amico… Quel giorno mi sono salvato grazie alla corda!

In effetti, la placca a vento ha ceduto proprio nello spazio tra noi due, e con la corda ho trascinato il mio amico nel pendio: io stavo dentro la valanga, e lui sul pendio a fianco! La corda ha rallentato la mia caduta verso il basso… Tutto si svolge rapidamente, e mi sento tirare verso il fondovalle… In un primo momento non voglio lasciare andare i miei bastoncini – sono in carbonio! E che ci farei sul Monte Bianco senza bastoncini? – ma quando mi rendo conto della stupidità di questo pensiero li mollo. E poi sento che gli attacchi si aprono, le gambe sono libere, cerco di rimanere più o meno in superficie, con la testa che a volte viene coperta dalla neve, a volte riemerge… È ancora buio, e scorgo le frontali dei miei compagni di sventura che appaiono e scompaiono…

La valanga non fa un rumore violento, è appena un fruscio… Di colpo, sento che la massa rallenta, la neve comincia ad accumularsi intorno a me e mi stringe nella sua morsa, inesorabilmente… poi si ferma. In quel momento realizzo di avere la testa e la mano destra fuori dalla neve. Chiamo il mio amico, che mi risponde subito… meno male, è vivo! Allora chiamo gli altri escursionisti, che uno alla volta mi rispondono di essere fuori pericolo… ma dopo 3 minuti, dopo aver sceso i 50 metri che mi separano dal gruppo, ci rendiamo conto che manca qualcuno…

Attiviamo subito l’Arva, che in 2-3 minuti ci conduce alla persona sepolta. Facciamo del nostro meglio per liberarla dalla neve e, 10 minuti dopo, dopo averla estratto dalla massa nevosa, constatiamo che non respira più, non avvertiamo il battito cardiaco…

In preda allo stress, iniziamo una procedura di rianimazione (massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca) che durerà più di un’ora e mezza! Senza scoraggiarci, lottiamo per riportarlo in vita… Improvvisamente riprende a respirare, il cuore ricomincia a pulsare, facciamo i salti di gioia! Mezz’ora dopo, cioè due ore dopo l’incidente, l’elicottero fa scendere a terra un medico: mi dice che abbiamo fatto un buon lavoro, se la famiglia darà il consenso si potranno espiantare circa 10 organi…

Malgrado ciò la tristezza ci invade, ci sarebbe piaciuto riportare in vita la vittima… Questa triste esperienza mi ha sicuramente indotto a riflettere… Che cosa avrei dovuto fare per evitare quell’incidente e, soprattutto, che cosa posso fare d’ora in poi affinché non si ripeta? Per evitare di mettermi in una situazione simile, avrei dovuto tenere conto del mio istinto, che mi aveva messo in allerta già alla base della parete…, e rinunciare a quella gita! Che cosa posso fare affinché questo incidente mi porti ad accrescere la mia competenza di guida alpina? Cerco di progredire al massimo nella conoscenza della neve e delle valanghe, di padroneggiare sempre meglio la ricerca delle vittime con gli Arva, a vantaggio di amici e clienti. Come posso aiutare altre persone ad evitare la sensazione di panico che ho provato nel momento in cui ho realizzato che una persona mancava all’appello?

Ogni inverno tengo corsi in cui trasmetto queste conoscenze a molti escursionisti, con grande umiltà e serietà… 13 anni dopo l’incidente sul Monte Bianco, la creazione di questo sito rappresenta una tappa importante nel mio percorso di elaborazione di quel lutto e di conoscenza dell’argomento, così vasto e pieno di imprevisti.
Mi auguro che tutte queste informazioni possano essere utili alla vostra formazione, sperando che, nelle vostre esperienze di amanti degli spazi vergini e immacolati, non ne abbiate mai bisogno!

Leysin, autunno 2010